Userò la sciarpa, funzionerà

Userò la sciarpa, funzionerà

lunedì 23 maggio 2011

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I suoi passi battevano ormai sulla strada selciata. Spingeva il più possibile sulle gambe, con gli occhi che farfallavano forsennati, sentiva il sudore scendere copioso. Si tolse la giacca, cominciò direttamente a correre sapendo che l'ultimo autobus non gli avrebbe fatto il piacere e la cosa più odiosa sarebbe stata quella di telefonare ai suoi genitori per rimediare un passaggio, peggio ancora se lo avesse chiesto a Tommaso.
Aveva di già presente lo sguardo irato di sua madre che nella sua stanchezza cronica aveva realizzato inutilmente un pasto serale, freddo. Perché, poi, era anche piena di sé e nella frugalità asettica della casa ci teneva comunque a dare baldanza alle cose, come poteva essere un piatto ampio e fumante al centro della tavola. In compenso, vista l'ora tarda, trovò un posto a sedere sull'autobus con di dentro poche persone sparse.
Allo sferragliare delle porte scese giù, questa volta senza correre. Sentiva la sua schiena ghiacciata a causa del vento improvviso e dello sforzo fisico fatto in precedenza che gli aveva tolto non poca energia.
I piatti infreddoliti erano stati lasciati sul tavolo. Nella saletta adiacente al cucinino, i consorti si trovavano sul divano, vedeva di sghembo la fissità delle loro ginocchia, erano in ascolto del borbottio violaceo della televisione, di quella vista a luci spente. Si ritenne fortunato: la mamma doveva essere di buon umore e Alberto non sentì voce alcuna scontrarsi contro di lui. Non aveva mai sopportato le puzze delle padelle sul gas e mangiò freddo ciò che c'era. Più che altro si sentiva assetato (come sempre, quando tornava dal lavoro) ma sentiva il forte bisogno di ottenere delle risposte.
Aveva incontrato Ellie nel gennaio del 2009, in un mese che prevedeva le aspettative migliori: ricordava il primo giorno di lavoro: il 7 gennaio. E fu un mese magnifico. Non avrebbe mai pensato, in quel periodo, che si sarebbe sentito schiavo con addosso uno stipendio mensile. Quella sera, in casa, non esitò a lavare i piatti da solo, stranamente per lui era sempre stato un piacere, forse perché quei gesti automatici, fatti in casa, riuscivano a tenerlo lontano da tutto. Ma il bisogno di ottenere delle risposte non si lavava assolutamente via: Ellie era stata di gennaio (l'aveva incontrata di gennaio ed era anche nata di gennaio), con lei seguì una bella primavera. Tanto ancora ricordava quelle passeggiate domenicali. Quel lavoro gli aveva portato fortuna. Lì' al C.A.L.L., aveva conosciuto anche Tommaso però lui durò poco. Ricordava come l'aveva subito messo in guardia sin dal primo giorno di lavoro: una serie di consigli che poi si rilevarono molto opportuni. Tommaso era così, era innato: riusciva a dare chiacchiera anche al più triste uomo sconosciuto. E Alberto, il primo giorno di lavoro era felice e Tommaso, subito, senza sapere il suo nome, gli aveva dato un po' di lezioni di vita con le sue parole capaci di deflagrare in tutta la vitalità del suo fisico, nel suo modo, a volte strafottente. Riusciva a rendere vivo un ambiente, quale il C.A.L.L. morto per principio.
Adesso tutto si era ribaltato: nel lavoro, nella città, nella casa, in Ellie, in Tommaso. Non aveva mai fatto attenzione a quanto la vita fosse soggettiva, a quanto di tutto ciò che si può osservare non rimane nulla di trasparente. Ed era passato solo un anno.
Con il pollice accese il pulsante del piccolo televisore del cucinino.
Quegli occhiali blu erano fatti apposta per apparire più maestrina, il fatto è che sembrava una bambina poco cresciuta, la Ministra, con nulla di accademico e di istituzionale. La Gelmini. La voce, seppur dal tono fastidiosissimo, attirò l'attenzione di Alberto che ripose nello scaffale in basso lo Svelto al limone. Sedette allora per un attimo, ascoltando: «Bisognerebbe ricordare lui quando si studiano i principi della carta costituzionale. Mike dovrebbe stare nell’ora di educazione alla cittadinanza perché è stato un buon cittadino. Alla vigilia delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia la scuola deve ricordare Mike Bongiorno. Continua il silenzio nella vicenda del trafugamento della bara di Mike Bongiorno, avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 gennaio nel cimitero della frazione Dagnente di Arona (Novara). Al momento a farsi vivi sarebbero solo mitomani e sedicenti veggenti. Anche l'ipotesi di una banda che avrebbe chiesto 300 mila euro e indicato al parroco di Dagnente di consegnare il denaro gettandolo da un treno non è ritenuta credibile. Alzare polveroni - ha detto il parroco - non aiuta le indagini e aumenta le sofferenze della famiglia».

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