Userò la sciarpa, funzionerà

Userò la sciarpa, funzionerà

lunedì 28 novembre 2011

23

 – ma non è che con tanti che ci provano con Giorgia devo essere cervo proprio da te? – – ma che dici? Ma stai scherzando? – – ho già un mezzo appuntamento con lei comunque – – ma non ti va… – – non è che non mi va… devo parlarle ma non so bene cosa dirle. E anche sapendolo non saprei come dirglielo. – – non capisco di cosa tu stia parlando – – e lo so… non lo capisco io… figurarsi un altro… – – non ti va di uscire – – no, ma usciamo lo stesso – – ma se non ti va… – – prendi la giacca e andiamo – – dove? – – è essenziale saperlo prima di infilarsi la giacca o te lo posso dire per le scale? O magari appena scesi in strada? Oppure, se non è troppo distante, magari anche dopo cinquecento metri lasciato il portone alle spalle – – non volevo certo infastidirti così tanto – –  non mi hai infastidito. Andiamo ora – – finirò per infastidirti ancora di più, ma quel piano di cui mi parlasti prima dell’estate? – – non te ne ho più parlato perché ora mi pare una mezza cazzata e poi.. aspetta a chiudere che credo di non aver preso le chiavi! A no eccole –.
    L’androne delle scale si buttava giù in picchiata verso il portone, le tre rampe sembravano volerti inghiottire. Anzi, due rampe e mezzo, visto che una era composta solo da qualche scalino per infrangersi su un piccolo pianerottolo che aveva una porticina cieca sul lato più corto. Il passamano di legno, l’inferriata di ferro, con i ricci alle estremità delle barre messe un po’ inclinate, sdraiate quasi. Gli scalini di marmo bianco consumati dai tanti passaggi  e oramai poroso. Tutto vecchio, tutto bohémien – direbbe qualche bohémien. – e poi vedi, io non so bene cosa devo fare con lei. Mi rendo conto che  è colpa mia, che non sono capace di far funzionare i rapporti. Ma poi mi domando che cazzo posso fare per farlo funzionare – – ah non dirlo a me – – che poi non riesco a capire lee. Ma io ho un solo paio di scarpe, sarò complicato, ma ho un solo paio di scarpe – – e questo che c’entra? – – che sono un semplice in fondo, o, che almeno, si accontenta di cose semplici. Tira un po’ più forte che con l’ultima pioggia il legno si è un po’ viziato e fa fatica ad aprirsi –. 
    Scesi in strada Alberto aspettò che Tommaso prendesse una direzione. All’inizio camminavano distanti l’uno dall’altro, come se i loro pensieri li tenesse lontani. Uno da una parte, lungo il muro illuminato da una lampada gialla, e l’altro lungo l’altro muro. Dalle finestre sopra di loro usciva rumore di tv. A mano a mano che scendevano per il vicolo si avvicinavano. Ora, divisi solo dalle loro camminate non proprio da fotomodelli, ripresero a parlare – ma quindi tu non vuoi più vederla? – – se ti dicessi che non voglio più vederla ti mentirei, se ti dicessi che non ci penso a chiudere ti mentirei. Ho una guerra in testa. Ma sono io che sono fatto sbagliato – – io penso a Ellie molto spesso – – e chiamala Teresa cazzo – – il risultato non cambia poi molto. Non so perché ancora ci penso e in fondo mi manca. Ma sono stato io a chiudere – – coglioni si nasce, te l’ho sempre detto – – già – – ma poi penso che è solo una questione di chimica e un po’ mi conforta – – già – – però, d’altra parte, mi anche rattrista un po’ perché leva tutta la magia che crediamo di vivere – – già – – ma che ti si è incantato il disco? – – già – – pirla – – già – – mi era venuto in mente di parlare con il figlio di Mike – – e per dirgli cosa? – – non lo so, ma magari potevamo parlarci – – ho capito ma per dirgli cosa? – – non lo so – – diciamoci la verità Tomma’: tu non sai un cazzo. E di Giorgia non lo sai, e che vuoi dire a questo non lo sai, il piano non ce l’hai… – – già – lo interrompe Tommaso.
    Arrivati nella piccola piazza quasi quadrata, l’attraversano e si dirigono verso il terzo vicolo. Le mani in tasca che cercano l’accendino che con la sua fiamma non fa nessuna differenza intorno, all’inizio di questo vicolo, visto che il lampione spara tanta luce. – Secondo me tra un po’ dovrà succedere qualcosa. Non è possibile che dopo tutto questo tempo ancora non si sia mosso nulla. È quasi un anno cazzo – – era fine gennaio – – appunto, quasi un anno e ancora niente. Certo non voglio fare la fine dei due che hanno condannato giorni fa per tentata estorsione – – chi? – – che andarono dalla famiglia dicendo che erano in grado di fargli riavere la bara – – ah già. Li hanno condannati? – – uno sì, l’altro a giorni. L’hai vista questa? – – cos’è? – – l’articolo della bara con l’antifurto chiamata MIKE – – si si, vista. Da non crederci. Povero Mike. Ti squilla il telefono – – sarà Giorgia. Infatti. Tanto siamo quasi arrivati. Senti, ti va di parlarmi di questa Giulia? – 

Per combattere l’acne – Le Luci della Centrale Elettrica
La Distanza – Paolo Benvegnù
In amore con tutti – Tre Allegri Ragazzi Morti
Just like honey – The Jesus and Mary Chain
Luna - Verdena

lunedì 21 novembre 2011

22

Si erano un po' interrogati sulla faccenda da quando Giorgia aveva fatto notare a tutti e due la loro fissazione per Mike, cosa non nuova ma questa volta lo fece in un modo che Tommaso successivamente lo definì stupido e offensivo. Furono accusati di essere dei bambini. Alberto non diede affatto peso a quella discussione perché nel tono di Giorgia non aveva udito nulla di cattivo. Invece per Tommaso non era stato così e con lei manteneva un clima teso, addirittura di sospetto e Alberto non capiva ancora quale parola di Giorgia avesse così tanto perturbato l'animo di Tommaso.
Si erano accordati per una cena frugale per poi rimanere a guardare un vecchio concerto sul computer: San Siro 10 – 07 – 1990.
Il pentolame giaceva ancora nel piccolo tavolo con nell'aria un fumo stantio di sigaretta.
Alfredo aveva sempre accomunato i due. Netti motivi, in realtà, non ce n'erano ma c'era la convinzione dell'importanza, del valore, ovvero di una vera virtù: quella di saper spiegare le cose con due parole o meglio ancora il riuscire ad aprire un mondo nuovo con una sola frase composta.
E così guardavano il video un po' distrattamente, scene e sceneggiate imparate a memoria. Eppure il monosillabo eh di Vasco era davvero un alto grado di concentrazione di cataste di volumi sul malessere di una generazione. E sul tema di Mike non stava accadendo questo e non era neanche quell'improvvisa voglia che si ha di conoscere tutto di un qualcosa in particolare; più che altro, i due, stavano cercando di ritrovare nel fatto di Mike una regola generale e ciò non significava affatto fissarsi sul particolare. Alfredo è una regola generale: quando si fanno tutti i progetti e arriva il particolare della sfortuna che lascia con le 49 lire in mano senza poter giungere alle 50 necessarie. Colpa d'Alfredo, dunque. E così diceva Tommaso mentre era costretto a glissare il video per far spazio, sullo schermo, ai soliti messaggi. Non si sa mai, diceva, è sempre meglio stare in gioco. A riguardo, spesso, anche Alberto era d'accordo.
-Si ma allora andiamo... una birra? Si o no? E poi spero di incontrare Giorgia--Faccio prima i piatti—lascia stare e lasciali stare in pace i piatti. Li farò io—Senti Tomma'...--dimmi--poi, quel piano che mi dicevi?--
Non ottenne risposta.
Alberto capì che non era il momento, anche perché aveva visto come, Tommaso, al pronunciamento di Giorgia, aveva avuto una percepibile esitazione, di quella che si ha quando si è contornati dalla noia.

lunedì 14 novembre 2011

21


Probabilmente non si farà onore a Tommaso e Alberto, ma questo tipo di discorsi sono perfetti per rimanere lontano dalla realtà. Le loro realtà intendo. Prendete Tommaso. Che cosa spera di ricavarne da tanto accanimento verso una vicenda improbabile e a tratti inverosimile. Così come Alberto. Certo, lui ha molto altro per la testa. Prendete le storie/non storie con Ellie e con Giulia. Lui sì che ha ragioni per cercare di pensare ad altro. Prendete, per esempio, la copertina di Colpa d’Alfredo. Quella con la foto sulla nuca di Vasco – il Vasco che anche i sessantenni conoscono, non quello contemporaneo dell’élite indie. Il volto guarda altrove. Starà dando le spalle a chi lo guarda. Se ne fregherà di chi gli è dietro. O forse vuole solo non guardare. Non vedere. Non sapere. Ora, non vorrei infognarmi in una disquisizione su un brano musicale come all’inizio de Le Iene, ma Colpa d’Alfredo è un pezzo sottovalutato. Qui non si parla di Madonna e se si riferisse a una fava enorme o parlasse di una ragazza vulnerabile. Ma si parla di Alfredo. Vista così sembrerebbe la tipica canzone che racconta una storia. Ultimamente ce le siamo un po’ dimenticate questo tipo di canzoni e siamo un po’ più assuefatti da quelle che parlano per immagini. Disabituati ai campi lunghi e abbiamo più familiarità con i videoclip insomma. A un primo ascolto, dicevamo, Colpa d’Alfredo racconta la storia di un tipo che vede andare via la tipa su cui ha messo gli occhi con un altro. Lui è un negro. Lei una troia. Già qui si metterebbero in chiaro due cose che caratterizzano i due. In maniera alquanto negativa sembrerebbe. Invece lui, il tipo che è rimasto solo e guarda lei e l’altro andare via, è uno che c’è rimasto male e che dà la colpa al destino che si personifica nel fatidico Alfredo. Lui, sta dalla parte dei giusti, dei buoni, degli onesti e l’unica cosa certa è che la colpa è di Alfredo. Questo a grandi linee. Povero Alfredo. Tralasciamo l’acquisto dell’auto e dell’improbabile asse Modena – USA. Alfredo in fondo chi è? Alfredo siamo noi. Ma è anche gli altri. Noi che inveiamo contro noi stessi e ci usiamo come scusante. Chi racconta la storia in fondo è un mezzo disadattato. Come Alberto e Tommaso. Loro danno la colpa al mondo per tante, troppe cose. Sono consapevoli che non può essere però sempre così, e questa seria consapevolezza li fa sentire ancora più colpevoli nella loro inadeguatezza, nella loro mancanza di iniziativa e di prontezza, nella loro ingenuità e faciloneria di sognatori. Tra di loro sono molto più simili di quanto Alberto possa immaginare. Per un semplice fatto: sono essere umani. Così unici come tutti e perciò così uguali. Cambiano nomi, città, situazioni, ma, poi, alla fine è tutto molto, molto simile. Alberto fermo in mezzo, tra la dolcezza dell’amore di Ellie e l’essere fascinato dall’ignoto rappresentato da Giulia. Va bene, con Ellie non si sente da un po’, ma lui la sentiva come un pensiero che faceva parte del suo tessuto cutaneo e che trasudava senza controllo. Tommaso sempre turbato dalle vicissitudini con Giorgia e, nonostante le sia legato profondamente, non riesce a far funzionare la loro storia. E Mike è la loro piccola isola felice. Dove poter stare ad arrovellarsi il cervello con mille congetture e con tutti i se e i ma che non fanno male a nessuno. Soprattutto non fanno male alle persone che gli stanno accanto e possono mettere da parte per un po’ il loro Alfredo. Colpa d’Alfredo potrebbe essere il manifesto del loro vivere insieme, della loro morbosa ricerca di altro, del non volersi rassegnare a un certo andare avanti delle cose pur essendone succubi. Colpevolmente succubi. 




lunedì 7 novembre 2011

20


-Ecco la lettera di ringraziamento, ci tenevo a fartela leggere—non ne ero a conoscenza veramente... --eh, sei stato a Trento con le trentinozze, ci credo cavolo. Comunque... Trento... va be'--e basta con questo odio innato per il Trentino!-- Già, scusa ma è una zona che mi fa venire in mente Heidi e, niente, anzi, lasciamo perde i patetismi delle caprette che ti fanno ciao. Guarda, leggi, leggi, che tanto è cortissima—caffettino pronto—ok grazie-- si ma sediamoci al tavolino-- ok—in effetti visto che hai citato i patetismi, io la trovo proprio patetica 'sta lettera, forse un po' finta-- va be' ma è una lettera di ringraziamento, cosa ti aspettavi?--sinceramente non mi aspettavo una lettera di ringraziamento, nel senso che... non lo so... ecco, qui si ringrazia un pubblico televisivo, una massa e invece, veramente, uno ringrazia un amico, un familiare, una persona, un gruppo di persone. Qui si ringrazia una massa che è irreale, cavolo-- lo trovo un semplice gesto di cortesia-- tu dici?-- si, perché cosa c'è di irreale in una massa dal momento che è una audience o un pubblico televisivo e che è più che presente! Oh, Albè! Le pubblicità pagano oro colato per i loro passaggi. La massa e il pubblico ci sono eccome. Sono reali!—si però... non saprei... il pubblico è lì come una cosa a senso unico. È amorfo. Non c'è un vero e proprio scambio di parole o di sentimenti. Non c'è dialogo insomma-- e no: leggi qua: “Ci hanno detto: ci mancherà la sua compagnia. Quanti ce ne hanno parlato. Chi ricordava il giorno del proprio fidanzamento, e in tv c'era Mike. Chi una sera particolare, in cui aveva ricevuto una certa telefonata con una bella o brutta notizia, e in tv c'era Mike. Era uno di famiglia, ci hanno detto in tanti. Una signora ci ha fatto sorridere: ce l'avevo sempre nel tinello con me-- Si d'accordo, ho capito ma è un immaginario collettivo—però pure quando ciatti, in fondo, le cose le immagini-- Ok, ok. Si, ma c'è un colloquio, c'è un dialogo scritto. Dai... un botta e risposta! La chat non è finta, è virtuale nel senso che manca di fisicità—e invece secondo te tra le massaie casalinghe in casa e Mike non c'era nessun rapporto-- si c'era un legame ma era finto-- mmmh—lo so, non sei convinto-- no, perché il legame si è sviluppato con la sua morte e credo si sia rafforzato ancora di più con il fatto del trafugamento--
Pino, da dietro il bancone, dardeggiava occhiate curiose al discorso dei due. Anche perché avevano iniziato con un fitto mormorio e mano a mano avevano alzato sempre di più la voce. Dal retro del banco, forse un po' innervosito, Pino passò davanti ai due per dare qualche colpo di spugna alla specchiera, una applique che gli aveva regalato suo fratello Gino; un bel regalo, che faceva da quinta teatrale nella parte ovest del bar. Così, poi, con un sorriso delicato sul faccione (sempre gioioso), come quello di un bambino troppo pasciuto, afferrò le carte che Tommaso aveva lasciato sul bancone e le gettò sul tavolino.
-Perdonami Pino--certo che la gente sta fuori di testa—scusa Pino ma il tuo bar è in posizione veramente strategica, una strada proprio di passaggio. Ne passano certe che mi distraggono troppo—è vero. Anzi, ti stordiscono proprio—insomma Pino, meno male che ci sono pure le femmine brutte che sennò eravamo perduti—Ah! Questa è buona, la dico a Gino! No, dicevo che la gente sta fuori di cervello nel senso che anche io avevo sentito della salma--
Quindi si allontanò dai tavoli.
-Ecco Albè, quello che volevo dirti è che c'è differenza tra virtuale e finto. Secondo me questa qua è una cosa veramente finta, cioè il fatto che la moglie di Mike, la Zuccoli, a Chi l'ha visto ha parlato di una persona scomparsa ma morta, allora di una salma scomparsa perché non si sa mai che si vedesse in giro un morto che cammina. Uno zombie, insomma—povero Mike—ma dico, perché povero, io dico poveri i familiari che non lo hanno più. Ma, cavolo, è una questione di dignità! Non è dignitoso non avere più la salma di un caro defunto così come, dignitosamente, dopo i funerali, loro hanno scritto una lettera al pubblico perché, d'altronde, avevano ricevuto dei messaggi di cordoglio dagli italiani—ma...-- no no, aspetta, secondo me sbagli a fare filosofia su un fatto che non presenta problema!-- come non presenta problemi? Il fatto di Mike è un casino!!!-- Ti dicevo che non è questa lettera il problema-- allora dov'è?--la poesia di Alda Merini su Mike l'hai letta?--

mercoledì 2 novembre 2011

19

Noncurante di essere in un condominio, dal suo balcone, un signore intonava Gloria con una chitarra molto serrata. Un pezzo di Patti Smith? O di lei che faceva una cover dei... non ricordava. Tommaso lo avrebbe saputo.
Alberto guardava dalla finestra quell'uomo che urlava a squarciagola e che lasciava al vento dei capelli bianchi, lisci e lunghi: un vero reduce degli anni '60. Cosicché, mentre si accingeva a chiudere la finestra, le linee dell'orizzonte intrapesero un disegno dalle tinte opache.
Si lascio andare sul letto: sentiva come un addio dentro di sé. Ellie.
Nella mattina trascorsa aveva ben visto Tommaso invadere barbaramente il povero bancone del locale di Pino (e non solo con quel suo chiacchierio sicuro, fermo e costante) con fogli, carte e brogliacci di ogni genere. E infine Alberto gli aveva detto che Mike gli stava diventando un po' come l'esangue Ellie: un pensiero che faceva parte del suo tessuto cutaneo e che trasudava senza controllo, casualmente. È vero anche che in quell'estate trascorsa, a Mike, ci aveva pensato un po' di meno ma c'era sempre stata una legge naturale in atto, proprio come quella del sudore mentre si corre per una strada.
Item Ellie. Perché c'erano coincidenze e c'erano cronologie: era l' 8 di settembre quando ci fu il fatto di Mike (e si viziò qualcosa in quel periodo con Ellie) e il 25 gennaio 2011 ci fu il fatto del trafugamento; lo stesso 25 gennaio dell'anno precedente ci fu la prima passeggiata con Ellie al luna park e, per così dire, il primo contatto amorevole. Dunque, precisamente il 25 gennaio 2010. Diavolo, stava indagando su se stesso. Ed anche con l'amaro in bocca.
Allora la cronologia era un compromesso per comprendere meglio il tempo. Tutto qui. Ma gli si stavano chiudendo gli occhi, ed era in trappola di un anomalo torpore.
E poi Mike fu licenziato da Mediaset.
A Natale non gli arrivò il rinnovo del contratto, allora, informandosi con una telefonata, gli dissero che per carenza di fondi non era stato possibile rinnovarlo. Così, dopo più di trent'anni di lavoro, lo abbandonarono senza nemmeno salutarlo e senza neanche tanti complimenti. Sparirono tutti. E lo stesso Mike confessò a Fazio: “È un mistero”. Allora cercò di contattare il patrono Silvio Berlusconi ma senza successo poiché sempre congedato dalla solita scusa: il premier non c'era perché si trovava intrappolato da gravosi impegni istituzionali. E Mike non ha mai avuto spiegazione del suo licenziamento e non è mai più riuscito ad ottenere chiarimenti o motivazioni dal patrono quando, poi, lo stesso, ogni santa settimana, gli telefonava per sapere come stava, proprio come se fosse suo nonno. Avevano anche lo stesso parrucchiere.
Un'anima addolorata.
E Alberto ricordava bene la partecipazione di Mike alla trasmissione di Fazio quando, disperatamente e sinceramente, chiedeva al patrono di telefonargli proprio mentre si accingeva a rispondere alle varie domande del giornalista. E, così, di fronte alle telecamere, Mike implorava: “Chiamami, sono qua, perché non mi chiami? Perché non posso parlarti?”, completamente ombrato da un moto altalenante di modestia e vittimismo.
Una storia d'amore finita a male: “Ho sofferto molto”.
Io non ho mai fatto niente di finto”, aveva aggiunto amaramente: “Niente di finto: io sulla mongolfiera, per le riprese di quella pubblicità lì, ci sono salito veramente”.
Una storia d'amore finita nemmeno tanto male, perché dopo qualche tempo gli arrivò un nuovo contratto con un'altra emittente televisiva: Sky.
Imbarazzante il riferimento del suo (ex) patrono, il giorno dei funerali, al passato partigiano di Mike ché fu eretto a patriota quando è noto che Berlusconi ha da sempre sviato, in un modo o nell'altro, i festeggiamenti del 25 aprile. Non proprio come Mike, quindi, che qualche tempo prima della morte, aveva cercato di spiegare a Fazio che non aveva mai fatto niente di finto, che non aveva mai mentito: “Per carità, probabilmente morirò dicendo: assaggiate il prosciutto tal dei tali”. Una finzione che, se c'era, era innocente e di chi intendeva fare bene il proprio lavoro, con un senso di responsabilità, appunto, e per questo non si può dire di un martire.
Imbarazzante è vivere in un mondo dove fare bene il proprio lavoro non è più una normalità ma una santità.