Userò la sciarpa, funzionerà

Userò la sciarpa, funzionerà

lunedì 30 maggio 2011

7


Non so bene cosa pensare. E non so neanche perché lo sto pensando. Non riuscire a dormire, poi, fa sembrare tutto più imminente. Il guaio è che non deve succedere nulla. Il guaio, è che non succede mai nulla. E questa cosa di Mike non me la spiego. Mi rendo conto che faccio la figura del fissato. E forse lo sono. Ma non riesco a capire. Cioè, è chiaro che lo fanno per i soldi. Giorgia, prendendomi in giro, dice che ce l’avrà qualche impazzito in casa e usa la bara come tavolo. E sinceramente non me ne frega una mazza neanche della famiglia. Potessi averlo io il problema che qualche tomba della mia famiglia fosse in pericolo. Mi viene da pensare spesso a questa cosa di Mike. Sarà che mi sto rincoglionendo del tutto. Non ho neanche chissà quale alibi. Sono sano, mangio tutti i giorni, ho una casa, un ragazza che mi vuole bene, amici. Certo, stare senza lavoro per tutto questo tempo non mi fa bene. Non fa bene a nessuno. E non è che il lavoro nobilita l’uomo. Sono i soldi che mi mancano. Maledetti. Ma i familiari saranno veramente addolorati? Addolorati... nel senso: quando ti muore qualcuno è chiaro ti spiaccia, ti faccia male, ti manca, ti senti perso e tutte le cose del caso, ma che muoia un vecchio è normale. Chiaro, è sempre tuo padre o chi per lui. Ma che muoi un vecchio ci sta tutto. E nonostante sia una cosa naturale, nel senso del corso della natura, provoca sempre un qualcosa. Ognuno poi la vive a modo suo. Ma il discorso che mi faccio è che dopo che hai subito la perdita sai che il corpo è andato. Ci vorrà più o meno tempo, ma non rimarrà un granché. Quindi, perché pagare una somma per riavere un corpo esanime? Se esiste l’anima. Ma questo è un altro discorso. Poi però ora mi viene da pensare che la sepoltura è una cosa seria. E che il corpo è qualcosa di importante. Penso all’Antigone. Certe volte mi faccio paura da solo. Come mi è venuto da pensare all’Antigone? Le leggi degli dei o quelle degli uomini? Almeno allora aveva senso credere nel volere degli dei. E lo aveva perché aveva senso credere negli uomini. È chiaro che se fossi nato allora sarei sempre stato un poveraccio. Non mi sarei certo aspettato altro. Non sarei finito certo sui libri per qualche mia considerazione brillante. Il discorso è che i Greci hanno detto già tutto. O quasi. E quindi immagino gli eredi Bongiorno come novelli Antigone. In fondo non serve la famosa bara su cui piangere. Mia nonna, che era una che la sapeva lunga, diceva che il brutto è per chi rimane, non per chi se ne va. E diceva anche che per non tornare indietro nessuno evidentemente non si stava male. È una consolazione per chi rimane avere una lapide, un luogo dove poter andare a elaborare il proprio lutto, a cercare di essere più umani, a pensare di poter cancellare tutto quello che non andava quando il morto era vivo. Qui non c’entra niente Antigone. Qui è solo una questione di egoismo allora. Ma, d’altronde, l’amore è il sentimento dell’egoismo. E dell’assenza anche. Altrimenti perché ti mancherebbe tanto un qualcuno che non c’è più. E non parlo solo di morte. E quindi sarebbe da riconoscere il dolore normale della famiglia Bongiorno. Che certo non si preoccupa della sparizione della bara con dentro un corpo senza vita e in decomposizione, ma della perdita di un dove per poter piangere Mike. Un uomo come tanti altri, che ha fatto grande la televisone italiana, perché era un italiano come tutti i sui telespettatori. Ogni epoca ha bisogno del suo Garibaldi. E Mike è stato proprio questo. E non penso all’uomo, che sarà stato bravo e buono, ma quello che personificava, che era sul palcoscenico, al personaggio. Eco diceva che « Mike Bongiorno convince dunque il pubblico, con un esempio vivente e trionfante, del valore della mediocrità. Non provoca complessi di inferiorità pur offrendosi come idolo, e il pubblico lo ripaga, grato, amandolo. Egli rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere perché chiunque si trova già al suo livello. Nessuna religione è mai stata così indulgente coi suoi fedeli. In lui si annulla la tensione tra essere e dover essere. Egli dice ai suoi adoratori: voi siete Dio, restate immoti ». Quindi perché ci interessiamo a questa vicenda? Siamo indignati? Siamo offesi? Siamo costernati? E perché mai? Era un personaggio pubblico, vero, è stato più lui con noi che i nostri genitori biologici, ma si sa, che da un certo punto in avanti è la televisione che ha cresciuto i figli e non gli insegnamenti dei padri come era stato fino ad allora. Perché il padre di Alberto avrà pensato anche «ma dove siamo arrivati» o «dove siamo andati a finire», ma questo basta per avermi fatto scattare un qualcosa in testa e farmi pensare con continuità, più che in continuazione, a questo fatto. Eco dice anche che « [...] Ora, nel campo dei fenomeni quantitativi, la media rappresenta appunto un termine di mezzo, e per chi non vi si è ancora uniformato, essa rappresenta un traguardo. [...] Invece, nel campo dei fenomeni qualitativi, il livellamento alla media corrisponde al livellamento a zero. Un uomo che possieda tutte le virtù morali e intellettuali in grado medio si trova immediatamente a un livello minimale di evoluzione. La medietà aristotelica è equilibrio nell'esercizio delle proprie passioni, retto dalla virtù discernitrice della prudenza; mentre nutrire passioni in grado medio e aver una media prudenza significa essere un povero campione di umanità ». Questo dovrebbe consolarmi. Convincermi e consolarmi che la mia mediocrità è uno standard umano. E la mia alienazione invece non è stata causata dal mio breve trascorso nel call center. Queste sono solo scuse. Mio padre ha lavorato anni in fabbrica. Mai stato quello che sono ora io. È vero che le generazioni passate sono migliori di quelle successive. Forse pensare a tutto questo casino di Mike non è un sintomo, ma direttamente la malattia. Cosa racconteremo ai figli che non avremo di questi cazzi di anni zero.

lunedì 23 maggio 2011

6

I suoi passi battevano ormai sulla strada selciata. Spingeva il più possibile sulle gambe, con gli occhi che farfallavano forsennati, sentiva il sudore scendere copioso. Si tolse la giacca, cominciò direttamente a correre sapendo che l'ultimo autobus non gli avrebbe fatto il piacere e la cosa più odiosa sarebbe stata quella di telefonare ai suoi genitori per rimediare un passaggio, peggio ancora se lo avesse chiesto a Tommaso.
Aveva di già presente lo sguardo irato di sua madre che nella sua stanchezza cronica aveva realizzato inutilmente un pasto serale, freddo. Perché, poi, era anche piena di sé e nella frugalità asettica della casa ci teneva comunque a dare baldanza alle cose, come poteva essere un piatto ampio e fumante al centro della tavola. In compenso, vista l'ora tarda, trovò un posto a sedere sull'autobus con di dentro poche persone sparse.
Allo sferragliare delle porte scese giù, questa volta senza correre. Sentiva la sua schiena ghiacciata a causa del vento improvviso e dello sforzo fisico fatto in precedenza che gli aveva tolto non poca energia.
I piatti infreddoliti erano stati lasciati sul tavolo. Nella saletta adiacente al cucinino, i consorti si trovavano sul divano, vedeva di sghembo la fissità delle loro ginocchia, erano in ascolto del borbottio violaceo della televisione, di quella vista a luci spente. Si ritenne fortunato: la mamma doveva essere di buon umore e Alberto non sentì voce alcuna scontrarsi contro di lui. Non aveva mai sopportato le puzze delle padelle sul gas e mangiò freddo ciò che c'era. Più che altro si sentiva assetato (come sempre, quando tornava dal lavoro) ma sentiva il forte bisogno di ottenere delle risposte.
Aveva incontrato Ellie nel gennaio del 2009, in un mese che prevedeva le aspettative migliori: ricordava il primo giorno di lavoro: il 7 gennaio. E fu un mese magnifico. Non avrebbe mai pensato, in quel periodo, che si sarebbe sentito schiavo con addosso uno stipendio mensile. Quella sera, in casa, non esitò a lavare i piatti da solo, stranamente per lui era sempre stato un piacere, forse perché quei gesti automatici, fatti in casa, riuscivano a tenerlo lontano da tutto. Ma il bisogno di ottenere delle risposte non si lavava assolutamente via: Ellie era stata di gennaio (l'aveva incontrata di gennaio ed era anche nata di gennaio), con lei seguì una bella primavera. Tanto ancora ricordava quelle passeggiate domenicali. Quel lavoro gli aveva portato fortuna. Lì' al C.A.L.L., aveva conosciuto anche Tommaso però lui durò poco. Ricordava come l'aveva subito messo in guardia sin dal primo giorno di lavoro: una serie di consigli che poi si rilevarono molto opportuni. Tommaso era così, era innato: riusciva a dare chiacchiera anche al più triste uomo sconosciuto. E Alberto, il primo giorno di lavoro era felice e Tommaso, subito, senza sapere il suo nome, gli aveva dato un po' di lezioni di vita con le sue parole capaci di deflagrare in tutta la vitalità del suo fisico, nel suo modo, a volte strafottente. Riusciva a rendere vivo un ambiente, quale il C.A.L.L. morto per principio.
Adesso tutto si era ribaltato: nel lavoro, nella città, nella casa, in Ellie, in Tommaso. Non aveva mai fatto attenzione a quanto la vita fosse soggettiva, a quanto di tutto ciò che si può osservare non rimane nulla di trasparente. Ed era passato solo un anno.
Con il pollice accese il pulsante del piccolo televisore del cucinino.
Quegli occhiali blu erano fatti apposta per apparire più maestrina, il fatto è che sembrava una bambina poco cresciuta, la Ministra, con nulla di accademico e di istituzionale. La Gelmini. La voce, seppur dal tono fastidiosissimo, attirò l'attenzione di Alberto che ripose nello scaffale in basso lo Svelto al limone. Sedette allora per un attimo, ascoltando: «Bisognerebbe ricordare lui quando si studiano i principi della carta costituzionale. Mike dovrebbe stare nell’ora di educazione alla cittadinanza perché è stato un buon cittadino. Alla vigilia delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia la scuola deve ricordare Mike Bongiorno. Continua il silenzio nella vicenda del trafugamento della bara di Mike Bongiorno, avvenuto nella notte tra il 24 e il 25 gennaio nel cimitero della frazione Dagnente di Arona (Novara). Al momento a farsi vivi sarebbero solo mitomani e sedicenti veggenti. Anche l'ipotesi di una banda che avrebbe chiesto 300 mila euro e indicato al parroco di Dagnente di consegnare il denaro gettandolo da un treno non è ritenuta credibile. Alzare polveroni - ha detto il parroco - non aiuta le indagini e aumenta le sofferenze della famiglia».

lunedì 16 maggio 2011

5

Quella volta lasciò la strada solita, tagliò per un viottolo perché aveva voglia di camminare. Ultimamente abbandonare le cose e le persone gli veniva tanto facile. Si, gli dava piacere inseguire la scia d'alcol con gli amici, però (poi) la testa gli rintronava e aveva la tremenda paura di farsi sfuggire qualcosa di inopportuno come per esempio quando era con Tommaso, con gli altri, e di dire stupidaggini. E se n'era andato all'improvviso: rispondere a questa attitudine era come spiegare il motivo del suo girovagare senza meta apparente con la sensazione di essere ferito, con la testa per aria e con i balconi di cemento armato da guardare.
Così imboccò per via del Papiro, alberata, con le panchine, con le luci ambrate arancio ed era selciata senza l'asfalto, un poco più ariosa con pacatamente distante la musica sopita del solito luna park invernale: un tratto di strada che aveva fatto pure con Ellie, quel pomeriggio di ieri l'altro. Anche con Ellie era andato via all'improvviso.
Proprio i lasciti improvvisi erano quelle cose che si spiegava soltanto con certi fastidi in testa che gli prendevano da un po' di tempo.
Una frotta di bambini vogliosi di coca cola e di zucchero filato lo intrupparono volontariamente ridendo e schiamazzando e gli facevano il verso neneneneneé passa paperino con la pipa in bocca guai a chi la tocca l'hai toccata tu esci fuori proprio tu... neneeneeeé! Nenneennneeeeeé! Gli donò un sorriso finto, tanto erano inquietanti e strafottenti quei mostriciattoli. Altrettanto i genitori, che ridevano e canzonavano come i loro figli ed erano proprio delle facce da schiaffi.
Proprio i lasciti improvvisi erano quelle cose che Alberto si spiegava con certi fastidi in testa. E a causa di tali fastidi l'aveva piantata al tavolino del drink – pub, ieri l'altro. A Tommaso riferiva le cose che Tommaso avrebbe voluto ascoltare: quella ragazza non era una ragazza con cui aveva improvvisato un primo appuntamento ma era stata una che, da quasi un anno, amava incontrarsi con lui. Era Ellie. Aveva così anche piantato Tommaso e Giorgia al tavolino del drink – pub, per carità, poco bruscamente perché non riusciva ad arrabbiarsi con loro ma con Ellie la rabbia gli era salita istintivamente. E non l'aveva più voluta ascoltare.
Sostò un momento tra l'odore dello zucchero filato: le luci al neon erano le stesse dell'inverno precedente, di quando era andato per la prima volta alle giostre del luna park con Ellie. Ed erano rimaste tante cose lì tra quelle giostrine colorate dagli elefanti viola di plastica, tra i giullari pasticciati e gli odori di zucchero e di liquirizia; che erano tornati a distanza di un anno nomade, senza per nulla sbiadire. Però, diavolo, lo zucchero filato l'avevano trasferito: adesso era nell'angolo opposto alla casa degli orrori. E non disse mai ad Ellie che lo zucchero filato non gli piaceva: lei, che quel giorno gli mormorò – aspetta Albè, ora torno – e si presentò dopo un minuto con due incredibili nuvole bianche di zucchero filato, enormi e bellissime da vedersi tra le guance di Ellie con gli occhi azzurri. Ma non gli piaceva lo zucchero delle giostre perché la mamma da sempre così gli aveva inculcato in testa: ché era fatto apposta per rovinare i denti e perché quelli erano zingari ché non si poteva mai dire e perché quelli dello zucchero filato sono di qui e sono di là e non sono granché, lascia pure stare. E invece con Ellie aveva assaporato qualcosa di nuovo, che profumava di una certa libertà.
C'era ancora l'autoscontro nell'androne centrale, quello per gli adulti, tutto luccicoso e dalla musica altissima. All'autoscontro ci giocavano sempre le coppie dei fidanzatini oppure i gruppi chiassosi degli scapolotti giovani: aveva sostato con Ellie proprio lì di fronte e lì si erano dati un segno d'intesa con gli occhi; forse da quel breve momento, Alberto, percepì che quell'autoscontro stava per siglare qualcosa di nuovo anche se la scelta di salire sulle scalette di metallo zigrinato gli saltò in mente soltanto perché aveva paura che Ellie si annoiasse con lui. Più che altro si divertirono nella scelta delle macchinine andando a fiducia dei colori per capire quella più veloce e quella più tartaruga. Ricordava che Ellie era gracile (con quei polsi sul volante) tanto che in quei giri vorticosi gli venne il terrore di farle male. Non aveva mai fatto un giro con simili impiastri di macinini e si meravigliò della violenza della loro potenza d'urto, ma gli sembrava tutto molto entusiasmante e il fiume dentro di lui andava in piena quando vedeva Ellie di sorridere, nella gioia.
Si lasciò alle spalle le luci dell'autoscontro anche perché in quel momento i battiti della cassa della musica amplificavano troppo la sua mancanza di intenti. Cercò allora di allontanarsi facendosi spazio in un corridoio tra la marmaglia che s'era creata. Una frotta di gente felice, anche, usciva dalla casa degli orrori con gli ultimi mostri che, ricordava, ti attendevano sfiorandoti proprio all'uscita con quelle dita putrefatte. È lì dentro che si erano presi per mano, lui ed Ellie, per la prima volta e molto ricordava quanto c'era voluto per raggiungere quel gesto!
Così, cosa avrebbe mai dovuto raccontare a Tommaso: non avrebbe mai potuto raccontare simili patetismi, atti di leggero sentimentalismo e sarebbe apparso soltanto, nei suoi confronti, come una persona riprovevole. Però era stato davvero un bel periodo con Ellie, e poi anche Giorgia aveva detto che Ellie era carina nonostante l'avesse incontrata quando, oramai, si trovava al momento dell'improvvisato addio. Questo era arrivato il pomeriggio di ieri l'altro.
Dopo l'istintiva corsa al luna park si accinse di ritorno a casa, con la testa fastidiosa che gli era passata.
Prima di addentrarsi nel tunnel delle bancarelle si accese una sigaretta guardando di fronte a sé quella strana calca. Non era da destare meraviglia: si trattava dell'ora del dopo cena. Allora cercò di affrettarsi il più possibile, non tanto per la fame ma perché si era dimenticato di avvertire a casa del suo ritardo e doveva prendere l'autobus. Con la sigaretta cercava di evitare i capelli delle signore impomatate, schivava le teste basse dei bambini che occupavano i margini delle bancarelle dei giocattoli, sventava i fili sospesi per l'aria dove c'erano i palloncini volanti dalle forme più improbabili. Era quasi uscito da quella spirale di gente, vedeva sullo sfondo la prospettiva dello spazio libero dell'arioso viale Papiro finché notò una cosa che nel suo ingresso precedente non aveva proprio visto: al fianco degli elefanti volanti, delle motociclette supersoniche, dei dinosauri ingrassati, dei pellicani dal becco enorme, sorrideva il faccione di Mike con la dicitura la ruota della fortuna. Sembrava stesse lì per salutarlo, all'uscita, come avevano fatto, un anno prima, i mostri – zombie della casa dell'orrore. Non gli sembrava affatto cosa carina e si fece spazio con più foga, con più forza, rimediando qualche spallata di troppo.

lunedì 9 maggio 2011

4


– che prendi? – –ma… non saprei… tu? – –io mi faccio il mio solito vodka tonic – – ma guarda, pure per me – – tu invece? – – per me un cosmopolitan, grazie – – ma come fai a bere sempre roba così dolce – – e tu come fai a essere sempre così stronzo? – – per cortesia, piccioncini, stasera che avete? Vi devo mandare a forum? – – no che La Dalla Chiesa ci sevizia con il gatto a nove code – –Scusa! Ciao due vodkatonic e un cosmopolitan. Grazie – – insomma com’è andata con la tipa dell’altra sera? – – ah vero! Dicci dicci! – – ma a te già l’ho detto – – ma a me no! – – io ascolto di nuovo volentieri – – ma, niente di che – – cioè? – – non serve a un cazzo – – neanche per posizioni particolari? – – stupido – – se non la finisci di darmi le botte alla bocca dello stomaco... – – te l’avevo detto io – – siete due stronzi. A me piace tanto invece – – ma tu non c’hai parlato però. Io non è che sia questo genio dei rapporti interpersonali, ma quella proprio non sa né di me né di te. È noiosa poi. Tra l’altro l’aperitivo è andato per le lunghe, e lei straparlava di cazzate varie e io mi sono allontanato per andare al bagno e l’ho abbandonata lì – – l’hai lasciata sola??! – – ho pagato prima di andare però – – Madonna…. poverina… che ti ridi?!? – – Giorge’ cosa dovevo fare? Mi stava facendo scendere il latte dalle ginocchia… mica sono fortunato come voi io… – – fai poco lo stronzo – – ma se ogni quattro parole non dici stronzo a qualcuno non puoi stare? – – e tu possibile hai sempre da ridire su tutto quello che dico o faccio? – –per cortesia… – – sai dov’è il bagno Albé? – – in fondo a destra, come dappertutto – – posso chiederti cosa c’è che non va? – – ma che ne so… è un po’ che qualunque cosa dico o faccio lui ci deve rimettere bocca – – grazie! Ecco il tuo cosmopolitan – – grazie. Ci sto bene insieme, solo che mi sfianca così. Pure lui c’avrà i cazzi suoi, ma io non sono fatta di ferro – – Giorgia, lo sapevi chi era, e ti piace anche per questo, anzi, soprattutto per questo: lui è selvatico – – si si, che c’entra. Io l’ho conosciuto quando ho conosciuto anche te, lo stesso periodo. Ho avuto modo di scoprire chi è a mano a mano, ma così non resisto. E poi questa storia di Mike... sono due giorni che non parla d’altro e fa congetture assurde – – che devo dirti… io voglio bene a tutti e due, ma lo sai come la penso – – si… lo so... solo che ci voglio provare ancora... mi tratta sempre a cazzo, poi però è di un dolce da diabete... – secondo me, – – aspetta. Sta tornando – – questo è il mio? – – si – – alla salute – – salute – – cin ­– – allora, quand’è che cominciate a fare i bravi? – – Tomma', non cominciare per favore…. – – come no?! Mi sono preparato tutta la notte cazzo. Sapete che sono amico di entrambi e che vi voglio bene, ma sapete pure che mi fate incazzare quando fate così. Io non voglio scegliere uno dei due con cui uscire. Se esco con te voglio poter uscire anche con te – – ma questo mo’ che c’entra? – – c’entra Tommaso, c’entra. Fin dall’inizio ve l’ho detto che secondo me tra voi sarebbe stata dura, e mi fa piacere che continuate a smentirmi, ma non siete una piacevole compagnia quando fate così – – è finita la predica? Posso andare a fumare una sigaretta? – – hai i tuoi cinque minuti d’aria – – mi dai l’accendino please? – – vedi come fa? – – ha sempre fatto così – – ma io cosa devo fare? – – mi viene in mente cara ti amo di Elio: Io sono come sono. Cerca di cambiare. Sono cambiato. Non sei piu' quello di una volta – – già… – – Giorgie’, che ti devo dire, tu lo sai – – che poi questa storia di Mike... – – l’accendino e grazie. ci facciamo un altro giro? – – per me va bene – – lo stesso? – – io sì, grazie – – e tu piccolo fiore nel deserto? Sempre cosmopolitan? – – gne gné gneé…. si, grazie – – un altro giro per favore – – uguale? – – si si, grazie – – ma domani andiamo a cena da Rino? Vi va? – – non saprei, avrei un po’ da fare – – ma che devi fare... – – veramente, non saprei... poi vediamo – – noi ci andiamo lo stesso, anche se non viene il predicatore? – – soprattutto se non viene lui – – dai non farti pregare – Tommaso si avvicina a Giorgia – scusa stella. sono un idiota – – non si parla all’orecchio, maleducati – Lei sorride – cose nostre – mentre carezza furtivamente la guancia che da verso il bancone di Tommaso – ecco qua ragazzi – – allora salute – – salute – – alla faccia di chi ci vuole male: possa campare trecento anni, male – – amen –

lunedì 2 maggio 2011

3


Gironzolava con il pollice sul telecomando, assuefatto dal divano tra le notizie di cronaca nera, sangue e morte, lacrime e cadaveri, in un'audience che amava veder soffrire. Di là lo sfriggere monotono di una padella: da un cucinino polveroso e dall'olezzo di grasso, sua madre si impegnava per la cena, di quella dalle occhiaie forti con il tavolo in formica senza la tovaglia bianca e con i segni del coltello sul ripiano. Dal salotto piccolo e deforme di mobili, di vestiti da stirare buttati sulla poltrona, di quadri scialbi e sconosciuti, Alberto attendeva di veder passare qualche notizia in tv snervato da una fame verace, nervosa. Ingurgidò un bicchiere d'acqua e si abbandonò con la spalla sull'anta della porta della cucina: la madre lo osservò curiosamente, gli disse di scansarsi che non ci si entrava lì dentro e che era stanca, che aveva da fare, che a momenti sarebbe arrivato suo padre e che lui voleva trovare il piatto pronto.
Per ora noi la chiameremo felicità. Perché quando Alberto al mattino tornò al lavoro, non aveva ancora dimenticato che il notiziario del tg della sera aveva messo in evidenza il trafugamento della salma di Mike, senza aggiungere nulla di rilevante ma la notizia aveva fatto sorridere sua madre e smosso anche il viso duro di suo padre che, forse, per la prima volta nella sua vita, era rimasto stupito da qualcosa. E anche Alberto rimase attonito per l'emozione che poteva sentire in corpo.
Perché gli luccicavano gli occhi e lavorava al massimo (quasi gli si irritò la gola per il troppo chiacchierio), attendeva con ansia l'ora della pausa pranzo e spontaneamente intensificava la sua mansione da operatore per non pensare a quello che stava facendo ma per essere prima possibile con quel caffè in mano, a fumare, a guardare le ragazze, a vagheggiare qualcosa di nuovo con Tommaso. E voleva dirgli delle cose.
– allora? – – allora cosa? Vuoi un caffè? – – si grazie. Che idea ti sei fatto? – – su cosa – – come su cosa? Su Mike! – – mia madre ha sorriso, invece mio padre mi sembrava sorpreso – – e che aveva da ridere scusa – – non era riso... non saprei come spiegartelo. Ma quello non mi ha fatto effetto. Mio padre, nel suo essere teutonicamente sorpreso, sembrava ancora di più rassegnato. Avrà pensato «ma dove cazzo siamo arrivati» – – e chi poteva pensare una cosa così – – non era pensabile nello specifico, nel senso con Mike, ma la gente è oramai fuori di testa. Per soldi poi... – – quindi tu dici sempre il riscatto. Solo riscatto – – non dico niente, tieni – – come non dici niente? – – tu a cosa pensi scusa? – – fa sempre più schifo questa mezza specie di caffè – –quindi? – – potrebbe essere qualsiasi cosa – – ricomincia adesso? – – scherzo, solo riscatto, necrofilia – – con Mike?!?! – – io non mi stupirei insomma – – ma che cazzo dici! – – potrebbe – – tu sei malato – – hai presente il mostro di Milwaukee? – – ma che c’entra? – – ha ucciso diciassette persone e le trombava da morti. Quando non se li mangiava o li scioglieva nell’acido – – ma Mike sarà già un secchio di vermi – – non è detto. Nelle bare il corpo si decompone lentamente. E comunque le parti visibili potrebbero essere ancora in buono stato – – ma puzzerà da morire – – be', quello si – – e poi scusa, che cazzo di scherzo sarebbe? – – oggi ho sentito che una parlamentare ha detto che Mike è un modo per colpire Silvio. Hai l’accendino? – – vabbè, ma qui ogni cosa è più delirante dell’altra! – – grazie. quindi tu la necrofilia me la bocci – – mmuhhm... e te la boccio sì! – – mah – – tutt’al più un qualche fissato con Mike, ma non per trombarlo. Magari lo faranno imbalsamare o una setta. Ecco, una setta – – ma se ieri l’avevi scartata la setta – – vorresti dire che è più probabile la necrofilia? Capirei un giovane bello e appena morto, non un vecchio morto quattro mesi prima – – quasi cinque – – e mi aiuti a dire! – – non rimane che il riscatto allora – – non si sa niente? – – mica chiederanno subito i soldi il giorno dopo scusa – – chissà dove la nasconderanno la bara – – ovunque, tanto mica c’è il rischio che li riconosca – – vero – – sorridi come tua madre? – – non credo fosse divertita ieri sera. Lo sai a casa come sono – – va meglio? – – a volte sembra di si, altre no. Non saprei – – capito. Un ultima cosa. Tu ai nuovi nazi non hai pensato? – – a cosa?!?!?!?! – – Mike è stato partigiano e s’è fatto anche la prigionia in diversi campi di concentramento – – non lo sapevo – – sembrava un mezzo rincoglionito, ma era uno tosto – – ma che c’entrano i neo nazi adesso – – per vendetta – – ma di cosa – – per vendetta che lui faceva la staffetta con i messaggi per gli americani e gli inglesi – – i neo nazi – – sì – – sei convinto – – no – – era quasi più credibile la necrofilia – – io non sottovaluterei i neo nazi. Ti ricordi Brizzi in Bastogne con Tognazzi e i cinesi? E che è successo alla fine? – – ma la finisci di dire stronzate? – – io la pista neo nazi non la sottovaluterei – – tu hai visto troppo Tarantino – – se è per il riscatto non credo tarderanno però. Se lo chiedono tra vent’anni un qualsiasi nipote potrebbe anche rispondere «’sti cazzi, tenetevelo» – – effettivamente... che poi la pena per aver trafugato una bara chissà quant’è – – ti ricordi il mio dubbio sul riscatto? – – e come potrei dimenticarla – – infatti avevo ragione. Aspetta me lo sono segnato... allora... articolo 411 del codice penale «Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere. Chiunque distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne sottrae o disperde le ceneri, è punito con la reclusione da due a sette anni» e poi vabbé «La pena è aumentata se il fatto è commesso in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia» – neanche tanto. Magari poi ci andrà aggiunta estorsione o roba del genere – – oltre a Cuccia che ti dicevo io, i giornali ricordavano altri precedenti come Charlie Chaplin con la salma ritrovata 15 giorni dopo, Serafino Ferruzzi, questa mai ritrovata. Poi Raffaele Bagni – – Bagni il calciatore? – – sì, proprio lui. Il figlio insomma. Mai ritrovata. E poi anche altri che non ricordo – – vabbè, il duce anche – – ma per lui fu un po’ diverso – – e quindi ora che succederà – – aspetteranno. Oggi non è facile farla franca – – ma stasera? – – vogliamo vederci per un drink? – – va bene. Ci vediamo all’uscita comunque – – ok. A dopo –
Mentre si preoccupava di camminare sul marciapiede per evitare le macchine, quel nomignolo di Serafino gli lasciava un sorriso da ebete sulla faccia. Tommaso le sapeva proprio tutte. Serafino Ferruzzi.